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Messaggio numero 2350 del 08-06-2022


Direzione Centrale Entrate

Coordinamento Generale Legale

Chiarimenti in materia di minimale contributivo nell’ipotesi di cooperative che abbiano adottato un piano di crisi aziendale ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142. Provvedimenti in autotutela

1. Quadro normativo

Con il presente messaggio si forniscono chiarimenti in ordine alla corretta individuazione dell’obbligo contributivo in capo alle società cooperative di cui alla legge 3 aprile 2001, n. 142, in caso di deliberazione, da parte delle stesse, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, della citata legge, di un “piano di crisi aziendale”.

Al riguardo, il citato articolo 6 prevede che il regolamento interno delle società cooperative debba, in ogni caso, contenere “l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali” e “la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi”, di cui al comma 2, lettera b), dell’articolo 3 della medesima legge, con il divieto, per l’intera durata del piano, di distribuire eventuali utili, nonché la possibilità di prevedere “forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie”, fatto salvo “il rispetto del solo trattamento economico minimo”.

In relazione agli aspetti di carattere previdenziale, inoltre, l’articolo 4, comma 1, della legge n. 142/2001, stabilisce che “ai fini della contribuzione previdenziale ed assicurativa si fa riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative nei limiti di quanto previsto dall’articolo 6”.

Il combinato disposto di cui agli articoli 4 e 6 della legge n. 142/2001, secondo cui il regolamento della cooperativa deve prevedere, in ogni caso, la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti retributivi, produce effetti anche sulla determinazione e quantificazione del minimale contributivo.

Infatti, la disciplina sui minimali contributivi è contenuta nell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 7 dicembre 1989, n. 389, in base al quale “la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.

Si rileva in merito che il combinato disposto di cui agli articoli 4 e 6 della legge n. 142/2001 sopra richiamati, come confermato anche da un recente parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, introduce una integrazione, di fonte legale, della disciplina sui minimali contributivi di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989, in quanto è la legge ad abilitare, in modo diretto e con carattere di generalità, i regolamenti in tale senso.

Pertanto, nell’ipotesi speciale, prevista in via di eccezione, dall’articolo 6, comma 2, allorché si verifichino le condizioni di cui alle lettere d) ed e), previste dal comma 1 del medesimo articolo, per il periodo di durata del piano di crisi, opera il minimale di retribuzione giornaliera in forza dell’applicazione in via sistematica degli articoli 4 e 6 della legge n. 142/2001 e del principio del minimale legale di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 1 del D.L. n. 338/1989.

Infatti, nel caso di specie, è la legge, ovvero il già richiamato combinato disposto di cui agli articoli 4 e 6 della legge n. 142/2001, che introduce in via sistematica una specifica ipotesi di “deroga” alla disciplina del minimale contributivo.

D’altra parte, il carattere speciale delle disposizioni in esame deve essere interpretato e applicato avendo a riferimento l’intero impianto della legge n. 142/2001, secondo il quale convivono, nella stessa posizione complessa del socio lavoratore della cooperativa, sia l’area del diritto societario che quella del diritto del lavoro, con possibilità di interferenze e condizionamenti delle rispettive discipline, le quali necessitano, pertanto, di un coordinamento e di un contemperamento reciproco, tenendo sempre presente il carattere di specialità e di complessità dell’intera disciplina.

Al riguardo, si rammenta che le “crisi” cui fanno riferimento le disposizioni in trattazione si caratterizzano per la particolare gravità e straordinarietà che potrebbero compromettere la continuità aziendale.

Si rammenta altresì che, al fine di evitare possibili abusi a danno dei soci lavoratori, la deliberazione del “piano di crisi aziendale” deve contenere elementi adeguati e sufficienti tali da esplicitare:

– l’effettività dello stato di crisi aziendale che richiede gli interventi straordinari consentiti dalla legge;

– la temporaneità dello stato di crisi e dei relativi interventi;

– uno stretto nesso di causalità tra lo stato di crisi aziendale e l’applicabilità ai soci lavoratori degli interventi in esame.

Le misure sopra indicate potranno concorrere con le forme di sostegno al reddito e dell’occupazione alle quali la cooperativa abbia accesso a norma di legge, avendo cura che i predetti strumenti siano opportunamente coordinati allo scopo di ottenere dai soci apporti sostanzialmente equilibrati.

Alla luce del quadro normativo sopra descritto, si richiamano le indicazioni già fornite dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali con interpello n. 48/2009, che si allega al presente messaggio (Allegato n. 1), in forza del quale, stante l’eccezionalità degli accadimenti che ne costituiscono il presupposto, ed esclusivamente per il periodo di durata del piano di crisi aziendale deliberato ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 142/2001, è consentito il superamento della generale disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989.

Pertanto, in virtù del citato interpello, limitatamente al periodo di durata del piano di crisi aziendale, l’obbligazione contributiva “andrà quantificata sulla base di un imponibile corrispondente alle somme effettivamente corrisposte ai lavoratori, nel rispetto tuttavia del minimale contributivo giornaliero di cui all’art. 1, comma 2, del medesimo D.L. n. 338/1989”.

2.Contenzioso amministrativo e giudiziario e adozione di provvedimenti di autotutela

Alla luce del suesposto quadro normativo, le Strutture territoriali, con riferimento al contenzioso amministrativo in essere, dovranno procedere, nel rispetto delle disposizioni regolamentari in materia, con un riesame in autotutela dei provvedimenti concernenti la fattispecie in esame, qualora gli stessi siano stati adottati non conformemente alle delineate coordinate normative chiarite dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, anche in funzione di prevenzione di contenzioso giurisdizionale.

Per quanto attiene alla gestione dei contenziosi pendenti sulla questione in esame, in osservanza alle disposizioni contenute nel citato parere ministeriale, così come delineate nel precedente paragrafo, le Strutture territoriali dovranno procedere all’annullamento, in via di autotutela, della accertata e/o azionata pretesa contributiva, dandone comunicazione agli Uffici Legali affinché si attivino nel senso di far dichiarare la cessazione della materia del contendere.

3. Indicazioni operative in sede di accertamento ispettivo

Alla luce delle indicazioni fornite, al fine di adeguare la condotta del personale ispettivo, i funzionari di vigilanza nel corso delle attività di verifica, laddove ricorra l’ipotesi descritta, verificato preliminarmente che il piano di crisi aziendale deliberato ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 142/2001 rispetti i requisiti previsti dalla legge, si assicureranno che l’imponibile previdenziale preso a riferimento non sia inferiore al minimale contributivo giornaliero di cui all’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 338/1989.

Il Direttore Generale
Vincenzo Caridi

1. Quadro normativo

Con il presente messaggio si forniscono chiarimenti in ordine alla corretta individuazione dell’obbligo contributivo in capo alle società cooperative di cui alla legge 3 aprile 2001, n. 142, in caso di deliberazione, da parte delle stesse, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, della citata legge, di un “piano di crisi aziendale”.

Al riguardo, il citato articolo 6 prevede che il regolamento interno delle società cooperative debba, in ogni caso, contenere “l’attribuzione all’assemblea della facoltà di deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali” e “la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi”, di cui al comma 2, lettera b), dell’articolo 3 della medesima legge, con il divieto, per l’intera durata del piano, di distribuire eventuali utili, nonché la possibilità di prevedere “forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie”, fatto salvo “il rispetto del solo trattamento economico minimo”.

In relazione agli aspetti di carattere previdenziale, inoltre, l’articolo 4, comma 1, della legge n. 142/2001, stabilisce che “ai fini della contribuzione previdenziale ed assicurativa si fa riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative nei limiti di quanto previsto dall’articolo 6”.

Il combinato disposto di cui agli articoli 4 e 6 della legge n. 142/2001, secondo cui il regolamento della cooperativa deve prevedere, in ogni caso, la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti retributivi, produce effetti anche sulla determinazione e quantificazione del minimale contributivo.

Infatti, la disciplina sui minimali contributivi è contenuta nell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 7 dicembre 1989, n. 389, in base al quale “la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.

Si rileva in merito che il combinato disposto di cui agli articoli 4 e 6 della legge n. 142/2001 sopra richiamati, come confermato anche da un recente parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, introduce una integrazione, di fonte legale, della disciplina sui minimali contributivi di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989, in quanto è la legge ad abilitare, in modo diretto e con carattere di generalità, i regolamenti in tale senso.

Pertanto, nell’ipotesi speciale, prevista in via di eccezione, dall’articolo 6, comma 2, allorché si verifichino le condizioni di cui alle lettere d) ed e), previste dal comma 1 del medesimo articolo, per il periodo di durata del piano di crisi, opera il minimale di retribuzione giornaliera in forza dell’applicazione in via sistematica degli articoli 4 e 6 della legge n. 142/2001 e del principio del minimale legale di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 1 del D.L. n. 338/1989.

Infatti, nel caso di specie, è la legge, ovvero il già richiamato combinato disposto di cui agli articoli 4 e 6 della legge n. 142/2001, che introduce in via sistematica una specifica ipotesi di “deroga” alla disciplina del minimale contributivo.

D’altra parte, il carattere speciale delle disposizioni in esame deve essere interpretato e applicato avendo a riferimento l’intero impianto della legge n. 142/2001, secondo il quale convivono, nella stessa posizione complessa del socio lavoratore della cooperativa, sia l’area del diritto societario che quella del diritto del lavoro, con possibilità di interferenze e condizionamenti delle rispettive discipline, le quali necessitano, pertanto, di un coordinamento e di un contemperamento reciproco, tenendo sempre presente il carattere di specialità e di complessità dell’intera disciplina.

Al riguardo, si rammenta che le “crisi” cui fanno riferimento le disposizioni in trattazione si caratterizzano per la particolare gravità e straordinarietà che potrebbero compromettere la continuità aziendale.

Si rammenta altresì che, al fine di evitare possibili abusi a danno dei soci lavoratori, la deliberazione del “piano di crisi aziendale” deve contenere elementi adeguati e sufficienti tali da esplicitare:

– l’effettività dello stato di crisi aziendale che richiede gli interventi straordinari consentiti dalla legge;

– la temporaneità dello stato di crisi e dei relativi interventi;

– uno stretto nesso di causalità tra lo stato di crisi aziendale e l’applicabilità ai soci lavoratori degli interventi in esame.

Le misure sopra indicate potranno concorrere con le forme di sostegno al reddito e dell’occupazione alle quali la cooperativa abbia accesso a norma di legge, avendo cura che i predetti strumenti siano opportunamente coordinati allo scopo di ottenere dai soci apporti sostanzialmente equilibrati.

Alla luce del quadro normativo sopra descritto, si richiamano le indicazioni già fornite dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali con interpello n. 48/2009, che si allega al presente messaggio (Allegato n. 1), in forza del quale, stante l’eccezionalità degli accadimenti che ne costituiscono il presupposto, ed esclusivamente per il periodo di durata del piano di crisi aziendale deliberato ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 142/2001, è consentito il superamento della generale disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989.

Pertanto, in virtù del citato interpello, limitatamente al periodo di durata del piano di crisi aziendale, l’obbligazione contributiva “andrà quantificata sulla base di un imponibile corrispondente alle somme effettivamente corrisposte ai lavoratori, nel rispetto tuttavia del minimale contributivo giornaliero di cui all’art. 1, comma 2, del medesimo D.L. n. 338/1989”.

2.Contenzioso amministrativo e giudiziario e adozione di provvedimenti di autotutela

Alla luce del suesposto quadro normativo, le Strutture territoriali, con riferimento al contenzioso amministrativo in essere, dovranno procedere, nel rispetto delle disposizioni regolamentari in materia, con un riesame in autotutela dei provvedimenti concernenti la fattispecie in esame, qualora gli stessi siano stati adottati non conformemente alle delineate coordinate normative chiarite dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, anche in funzione di prevenzione di contenzioso giurisdizionale.

Per quanto attiene alla gestione dei contenziosi pendenti sulla questione in esame, in osservanza alle disposizioni contenute nel citato parere ministeriale, così come delineate nel precedente paragrafo, le Strutture territoriali dovranno procedere all’annullamento, in via di autotutela, della accertata e/o azionata pretesa contributiva, dandone comunicazione agli Uffici Legali affinché si attivino nel senso di far dichiarare la cessazione della materia del contendere.

3. Indicazioni operative in sede di accertamento ispettivo

Alla luce delle indicazioni fornite, al fine di adeguare la condotta del personale ispettivo, i funzionari di vigilanza nel corso delle attività di verifica, laddove ricorra l’ipotesi descritta, verificato preliminarmente che il piano di crisi aziendale deliberato ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 142/2001 rispetti i requisiti previsti dalla legge, si assicureranno che l’imponibile previdenziale preso a riferimento non sia inferiore al minimale contributivo giornaliero di cui all’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 338/1989.

Il Direttore Generale
Vincenzo Caridi



Fonte: Inps

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